PENSIAMOCI

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  1. kucy
     
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    UNA MAESTRA ADORATA

    Nel paese dove insegnava era considerata la maestra più severa della scuola. Come la maggior parte delle maestre dichiarava sempre di non avere preferenze, ma non era proprio così... In prima fila c'era un'alunna malvestita, poco pulita e piuttosto distratta. La maestra la riprendeva spesso, correggeva con la penna rossa tutti i suoi compiti e li marcava con uno zero.
    Un giorno, leggendo il curriculum di quell'alunna, trovò scritto dalla maestra del primo anno: «E’ un'ottima alunna, studia con impegno e dedizione; e un piacere averla vicino».
    La maestra del secondo anno aveva scritto: «E’ una eccellente studentessa e si comporta molto bene coi suoi compagni, ma ultimamente appare preoccupata, perché sua madre ha una grave malattia».
    Quella del terzo... «La madre dell'alunna è morta, è stato molto duro per lei. Lei cerca di fare molti sforzi, ma la situazione è pesante e difficile. Bisogna trovare il modo di aiutarla».
    La maestra del quarto: «L'alunna rimane spesso indietro rispetto ai suoi compagni e non mostra interesse per lo studio. In classe spesso si addormenta».
    Finalmente l'attuale maestra capì il problema della bambina e quando arrivò la fine dell'anno scolastico si sentì ancora peggio quando aprì i regali degli alunni. Quello della bambina orfana era avvolto in un vecchio sacchetto e la maestra provò un enorme imbarazzo quando dovette aprirlo di fronte a tutti. Trovò una vecchia bottiglietta di profumo, se ne mise due gocce e a quel punto gli alunni scoppiarono in una risata generale.
    Alla fine della giornata, prima di uscire la bambina si rivolse alla maestra: «Signorina, oggi profuma come profumava la mia mamma».
    Da quel giorno la maestra decise di mettere in secondo piano la matematica, la storia e la geografia e si dedicò ad educare i suoi alunni, ponendo particolare attenzione a quelli che presentavano maggiori difficoltà. Quell'anno la bambina orfana fece passi da gigante e divenne una delle alunne migliori. Tre anni dopo la maestra ricevette una lettera dalla ex alunna, in cui le diceva che era stata una grande maestra. Poi ne ricevette un’altra dopo cinque nella quale le raccontava che si era diplomata col massimo dei voti e che lei era stata una bravissima maestra. E così fu fino alla laurea, ripetendole sempre che era stata la miglior maestra della sua vita. Una delle ultime lettere era firmata 'Dottoressa'; era un invito al suo matrimonio. La ragazza desiderava che alla cerimonia, la sua adorata maestra occupasse il posto di sua madre.





    LA STORIA DI MARK

    (Fonte non specificata)

    Mark Eklund era in terza elementare e io insegnavo al Saint Mary's School a Morris, Minnesota.
    Ero affezionata a tutti e 34 i miei studenti, ma Mark era uno su un milione.
    Molto ordinato e preciso in apparenza, ma aveva quell'atteggiamento di essere-felice-di-vivere (happy-to-be-alive attitude) che faceva perfino la sua occasionale birbanteria deliziosa.
    Mark parlava incessantemente. Dovevo ricordargli sempre che parlare senza permesso non era accettabile. Ciò che mi impressionava tanto, però, era la sua sincera risposta ogni volta che io dovevo correggerlo per cattivo comportamento: "Grazie per avermi corretto, Sorella!".
    All'inizio non sapevo cosa fare, ma dopo poco mi abituai a sentirlo molte volte al giorno.
    Una mattina la mia pazienza era diventata sottile quando Mark parlò una volta di troppo, ed io commisi un errore da insegnante principiante.
    Guardai Mark e dissi, "Se dici ancora una parola, ti chiuderò le labbra con il nastro"!
    Passarono dieci secondi quando Chuck rivelò: "Mark sta parlando ancora." Io non avevo chiesto a nessuno degli studenti di aiutarmi a guardare Mark, ma dovetti punirlo davanti alla classe.
    Ricordo la scena come se fosse successa questa mattina.
    Camminai verso la mia scrivania, aprii intenzionalmente il mio cassetto e tirai fuori un rotolo di nastro adesivo.
    Senza dire una parola, mi avvicinai al banco di Mark, strappai due pezzi di nastro e feci con essi una grande X sulle sue labbra.
    Poi tornai all'inizio della stanza. Mentre lanciai un'occhiata per vedere cosa stava facendo, lui mi strizzò l'occhio. Ciò fece! Io iniziai a ridere. La classe si rallegrò e applaudì.
    Tornai al banco di Mark, tolsi il nastro, e feci spallucce.
    Le sue prime parole furono: "Grazie per avermi corretto, Sorella."
    Alla fine dell'anno, fui richiesta per insegnare alla classe di matematica della scuola media.
    Gli anni volarono, e presto seppi che Mark era ancora nella mia classe. Era più carino che mai e cosi educato. Poiché lui doveva mettere in lista attentamente le mie istruzioni sulla "nuova matematica", non parlò cosi tanto come aveva fatto in terza.
    Un venerdì le cose non andavano molto bene. Avevamo lavorato duramente su un nuovo concetto tutta la settimana e avevo la sensazione che gli studenti fossero accigliati, frustrati con se stessi e nervosi gli uni con gli altri.
    Dovevo fermare questo prima che mi sfuggisse di mano.
    Così chiesi a loro di fare una lista con i nomi degli altri studenti nella stanza su due fogli di carta, lasciando uno spazio tra ogni nome.
    Poi dissi loro di pensare alla cosa più simpatica che potessero dire riguardo ad ognuno dei loro compagni di classe e di scriverla.
    Per finire il compito, la classe prese il resto del tempo e quando gli studenti lasciarono la stanza, ognuno mi passò il foglio.
    Charlie sorrise.
    Mark disse: "Grazie per avermi insegnato, Sorella. Buon fine settimana".
    Quel sabato annotai il nome di ogni studente su un foglio di carta separato, e misi in lista ciò che ognuno aveva detto di quella persona.
    Il lunedì diedi ad ogni studente il suo o la sua lista.
    Dopo poco, l'intera classe stava sorridendo.
    "Davvero?" sentii bisbigliato.
    "Non sapevo di significare qualcosa per qualcuno!".
    "Non sapevo di piacere cosi tanto agli altri".
    Nessuno menzionò mai quei fogli ancora in classe.
    Non sapevo se loro li avessero discussi dopo la classe o con i loro genitori, ma ciò non importava.
    L'esercizio aveva raggiunto il suo scopo. Gli studenti erano ancora felici con se stessi e gli uni con gli altri. Il gruppo di studenti si era rimesso in marcia.
    Diversi anni più tardi, dopo che tornai dalle mie vacanze, i miei genitori mi vennero incontro all'aeroporto. Quando stavamo guidando verso casa, mia Madre mi chiese le solite domande sulla gita, sul tempo, le mie esperienze in generale. Ci fu una pausa nella conversazione.
    Mia Madre diede a mio Padre un'occhiata di lato e disse semplicemente: "Papà?".
    Mio padre si schiarì la gola come faceva di solito prima di qualcosa di importante.
    "Gli Eklunds hanno chiamato la notte scorsa", iniziò.
    "Davvero?" dissi. "Non li avevo sentiti per anni. Mark come sta?".
    Mio Padre rispose in modo sommesso: "Mark è stato ucciso in Vietnam", disse. "I funerali sono domani, e i suoi genitori vorrebbero che tu fossi presente".
    Da quel giorno posso ancora indicare il punto esatto sulla I-494 dove mio Padre mi disse di Mark.
    Non avevo mai visto prima un militare in una bara militare. Mark appariva così carino, così maturo. Tutto ciò che potevo pensare in quel momento era: "Mark, darei tutto il nastro adesivo del mondo se solo tu potessi parlarmi".
    La chiesa era affollata di amici di Mark. La sorella di Chuck canto "L'inno di Guerra della Repubblica". Perché doveva piovere nel giorno dei funerali? Era già difficile così!
    Il pastore disse le solite preghiere e il trombettiere suonò i colpi.
    Uno dopo l'altro quelli che amavano Mark si misero in cammino verso la bara e la bagnarono con l'acqua santa. Io fui l'ultima a benedire la bara.
    Mentre stavo in piedi, uno dei soldati che avevano portato la bara salì verso di me.
    "Era lei l'insegnante di matematica di Mark?" mi chiese.
    Io feci cenno di sì con il capo mentre continuavo a fissare la bara.
    "Mark ha parlato molto di lei", lui disse.
    Dopo il funerale, quasi tutti i vecchi compagni di classe di Mark si diressero alla fattoria di Chuck per il pranzo.
    La madre e il padre di Mark erano lì; ovviamente mi aspettavano.
    "Vogliamo mostrarle qualcosa", suo padre disse, estraendo un portafoglio dalla sua tasca.
    "Hanno trovato questo su Mark quando fu ucciso. Pensiamo che lei possa riconoscerlo".
    Aprendo il portafoglio, con attenzione tolse due pezzi logori di carta di taccuini che erano stati evidentemente legati, piegati e ripiegati molte volte.
    Sapevo senza guardare che i fogli erano quelli sui quali avevo messo in lista tutte le cose buone che ogni compagno di classe di Mark aveva detto su di lui.
    "Grazie tanto per aver fatto ciò", disse la madre di Mark.
    "Come può vedere, Mark lo ha apprezzato molto".
    I compagni di classe di Mark iniziarono a radunarsi intorno a noi.
    Charlie sorrise in modo piuttosto imbarazzato e disse: "Io ho ancora la mia lista. E' nel primo cassetto della mia scrivania a casa".
    La moglie di Chuck disse: "Chuck mi ha chiesto di mettere la sua nell'album del matrimonio".
    "Anch'io ho la mia", disse Marilyn. "E' nel mio diario."
    Poi Vicki, un'altra compagna di classe, raggiunse la sua borsetta, prese il suo portafogli e mostrò la sua consumata e logora lista del gruppo. "Io porto questa con me sempre", disse Vicki senza battere ciglio.
    "Penso che tutti noi abbiamo salvato la nostra lista".
    Qui fu quando alla fine mi sedetti e piansi.
    Piansi per Mark e per tutti i suoi amici che non lo avrebbero mai più visto.

    La densità delle persone nella società è cosi spessa che dimentichiamo che la vita finirà un giorno. E non sappiamo quando quel giorno sarà.
    Così per favore, dì alle persone che ami e a cui vuoi bene che sono molto speciali ed importanti. Diglielo, prima che sia troppo tardi.





    Una ragazza molto sensibile parlò con un insegnante di un suo problema molto sentito. L'insegnante le suggerì di parlarne con i genitori. La ragazza ci provò, ma, anche di fronte alla sua angoscia e confusione, i suoi avevano minimizzato e avevano cambiato discorso, assicurandole che «stava esagerando», che «avrebbe superato il problema», ecc. Rifiutarono la discussione come se, ignorandolo, il problema potesse risolversi da sé.
    Solo dopo un tentativo di suicidio della figlia i genitori reagirono: «Perché non ci hai detto che avevi dei problemi?» le chiesero.
    «E voi, perché non avete ascoltato quando ve lo dicevo?».
    Una bambina ha scritto: «Alla sera, quando sono a letto, mi volto verso il muro e mi parlo, perché io mi ascolto».




    UNA SCATOLA DI BACI

    La storia ha inizio tempo fa, quando un uomo punisce sua figlia di cinque anni per la perdita di un oggetto di valore ed il denaro in quel periodo era poco. Era il periodo di Natale, la mattina successiva la bambina portò un regalo e disse: "Papà, è per te!". Il padre era visibilmente imbarazzato, ma la sua arrabbiatura aumentò quando aprendo la scatola vide che non c'era nulla. Disse in modo brusco: "Non lo sai che quando si fa un regalo, si presuppone che nella scatola ci sia qualcosa?". La bambina lo guardò dal basso verso l'alto e con le lacrime agli occhi disse: "Papà ... non è vuoto, ho messo tanti baci fino a riempirlo!". Il padre si sentì annientato. S'inginocchiò e mise le braccia al collo della bambina e le chiese perdono. Passò del tempo, ed una disgrazia, portò via la bambina. Per tutto il resto della sua vita il padre tenne sempre la scatola vicino al suo letto e quando si sentiva triste, scoraggiato o in difficoltà, apriva la scatola e tirava fuori il bacio immaginario ricordando l'amore che la bambina aveva messo dentro.
    In poche parole, ognuno di noi ha una scatola piena di baci e amore incondizionato, dai propri figli, amici e da Dio.
    NON CI SONO COSE PIU' IMPORTANTI CHE SI POSSANO POSSEDERE!




    Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare.
    Se i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere.
    Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi.
    Se i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsi.
    Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi.
    Se i bambini vivono con la gelosia, imparano cosa sia l’invidia.
    Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli.
    Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti.
    Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano a essere sicuri di sé.
    Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare.
    Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi.
    Se i bambini vivono con l’accettazione, imparano a trovare amore nel mondo.
    Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano ad avere un obiettivo.
    Se i bambini vivono con la partecipazione, imparano a essere generosi.
    Se i bambini vivono con l’onestà e la lealtà, imparano cosa siano verità e giustizia.
    Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fede in se stessi e in coloro che li circondano.
    Se i bambini vivono con l’amichevolezza, imparano che il mondo è un posto bello in cui vivere.
    Se i bambini vivono con la serenità, imparano ad avere tranquillità di spirito.
    Con cosa vivono i vostri figli?




    DECALOGO PER LA MAMMA

    1. Non viziarmi;
    so benissimo che non dovrei avere tutto quello che chiedo.Voglio solo metterti alla prova.

    2. Non essere incoerente;
    questo mi sconcerta e mi costringe a fare ogni sforzo per farla franca tutte le colte che posso.

    3. Non fare promesse;
    potresti non essere in grado di mantenerle.Questo farebbe diminuire la tua fiducia in te.

    4. Non correggermi davanti alla gente:
    Presterò molta più attenzione se parlerai tranquillamente con me a quattr'occhi.

    5. Non brontolare continuamente;
    Se lo fai, dovrò difendermi facendo finta di essere sordo/a.

    6. Non badare troppo alle mie piccole indisposizioni ;
    Potrei imparare a godere di cattiva salute se questo attira la tua attenzione.

    7. Non preoccuparti per il poco tempo che passiamo insieme.
    E' come lo passiamo che conta.

    8. Non permettere che i miei timori suscitino la tua ansia,
    perchè allora diventerei anche più pauroso/a.Indicami il coraggio

    9. Non dimenticare che non posso crescere senza molta comprensione e incoraggiamento...ma non ho bisogno di dirtelo, vero?

    10. Ricordati , io imparo più da un esempio che da un rimprovero !




    "Volevo latte e ho ricevuto il biberon.
    Volevo dei genitori e ho ricevuto giocattoli.
    Volevo parlare e ho ricevuto un libro.
    Volevo imparare e ho ricevuto pagelle.
    Volevo pensare e ho ricevuto saperi.
    Volevo essere libero e ho ricevuto regole.
    Volevo amare e ho ricevuto una morale.
    Volevo una professione e ho ricevuto un posto.
    Volevo felicità e ho ricevuto soldi.
    Volevo un senso e ho ricevuto una carriera.
    Volevo speranza e ho ricevuto paura.
    Volevo vivere …"





    AGGIUSTARE IL MONDO

    Un bambino ed il suo papà erano seduti sul treno. Il viaggio sarebbe durato un’ora circa. Il padre si siede comodamente e si mette a leggere una rivista per distrarsi.

    Ad un certo punto il bambino lo interrompe e domanda: “Cos’è quello, papà?”. L’uomo si volta per vedere quello che gli aveva indicato il bambino e risponde: “E’ una fattoria.” Incomincia di nuovo a leggere quando il bambino gli domanda un’altra volta: “Quando arriveremo, papà?”. Il padre gli risponde che manca ancora molto.

    Aveva di nuovo cominciato a leggere la sua rivista quando un’altra domanda del bambino lo interrompe e così per tantissime altre volte. Il padre disperato cerca la maniera di distrarre il bambino.

    Vede sulla rivista che stava leggendo la figura del mappamondo, la rompe in molti pezzetti e li da al figlio invitandolo a ricostruire la figura del mappamondo. Così si siede felice sul suo sedile convinto che il bambino sarebbe stato occupato per tutto il resto del viaggio.

    Aveva appena cominciato a leggere di nuovo la sua rivista quando il bambino esclama: “HO TERMINATO”. “Impossibile! Non posso crederci! Come hai potuto ricostruire il mondo in così poco tempo?” Però il mappamondo era stato ricostruito perfettamente. Allora il padre gli domanda di nuovo: “Come hai potuto ricostruire il mondo così rapidamente?”

    Il bambino risponde: “Non mi sono fissato sul mondo.... dietro al foglio c’era la figura di un uomo, HO RICOSTRUITO L’UOMO E IL MONDO SI E’ AGGIUSTATO DA SOLO !!!!”.




    CARO PROFESSORE

    Caro professore,
    sono un sopravvissuto di un campo di concentramento.
    I miei occhi hanno visto ciò che nessun essere dovrebbe mai vedere: camere a gas progettate da ingegneri istruiti, bambini uccisi con veleno da medici ben formati, lattanti uccisi da infermiere provette, donne e bambini uccisi da diplomati di scuole superiori e università.
    Diffido, quindi, dell’educazione e dell’istruzione.
    La mia richiesta è: aiutate i vostri alunni a diventare esseri umani.
    I vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati, degli Eichmann istruiti.
    La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rendere i nostri figli più umani.

    Questa lettera, riportata dal quotidiano “Le Monde”, veniva inviata da un preside americano ai suoi insegnanti all’inizio di ogni anno scolastico.






    Una bambina torna dalla casa di una vicina alla quale era appena morta, in modo tragico, la figlioletta di otto anni.
    "Perché sei andata?" le domandò il padre.
    "Per consolare la sua mamma".
    "E che potevi fare, tu così piccola, per consolarla?"
    "Le sono salita in grembo e ho pianto con lei".
    Se accanto a te c'è qualcuno che soffre, piangi con lui.
    Se c'è qualcuno che è felice, ridi con lui.
    Amare è partecipare, completamente, con tutto l'essere.
    L'amore sconvolge tutte le regole della matematica.
    Perché è l'unico tesoro che si moltiplica per divisione.
    E' l'unico dono che aumenta quanto più ne sottrai.
    L'amore sconvolge tutte le regole dell'economia.
    Perché è l'unica impresa nella quale più si spende e più si guadagna.
    Regalalo, buttalo via, spargilo ai quattro venti, vuotati le tasche e domani ne avrai più di prima.

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  2. nenene
     
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    Grazie per avermi dato un'ulteriore motivo alla riflessione!!! image image image
     
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  3. kucy
     
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    IL CAPPELLINO


    "Se non me lo lasci fare non potrò andare a scuola! Mi vergognerei troppo... È terribilmente importante, mamma!".
    Elena scoppiò a piangere. Era la sua arma più efficace.
    "Uffa', fa' come vuoi..." brontolò la madre, sbattendo il cucchiaino nel lavello.
    "Sembrerai un mostro. Peggio per te!".
    In altre 23 famiglie stava avvenendo una scenetta più o meno simile.
    Erano i ragazzi della Seconda B della Scuola Media "Carlo Alberto di Savoia".
    Per quel giorno avevano preso una decisione importante.
    Ma gli allievi della Seconda B erano 25.
    In effetti, solo nella venticinquesima famiglia, le cose stavano andando in un modo diverso.
    Elisabetta era un concentrato di apprensione, la mamma e il papà cercavano di incoraggiarla.
    Era la quindicesima volta che la ragazzina correva a guardarsi allo specchio.
    "Mi prenderanno in giro, lo so. Pensa a Marisa che non mi sopporta o a Paolo che mi chiama canna da pesca! Non aspetteranno altro!".
    Grossi lacrimoni salati ricominciarono a scorrere sulle guance della ragazzina.
    Cercò di sistemarsi il cappellino sportivo che le stava un po' largo.
    Il papà la guardò con la sua aria tranquilla:
    "Coraggio Elisabetta. Ti ricresceranno presto. Stai reagendo molto bene alla cura e fra qualche mese starai benissimo".
    "Sì, ma guarda!". Elisabetta indicò con aria affranta la sua testa che si rifletteva nello specchio, lucida e rosea.
    La cura contro il tumore che l'aveva colpita due mesi prima le aveva fatto cadere tutti i capelli. La mamma la abbracciò: "Forza Elisabetta! Si abitueranno presto, vedrai...".
    Elisabetta tirò su con il naso, si infilò il cappellino, prese lo zainetto e si avviò.
    Davanti alla porta della Seconda B, il cuore le martellava forte.
    Chiuse gli occhi ed entrò.
    Quando riaprì gli occhi per cercare il suo banco, vide qualcosa di strano.
    Tutti, ma proprio tutti, i suoi compagni avevano un cappellino in testa!
    Si voltarono verso di lei e sorridendo si tolsero il cappello esclamando:
    "Bentornata Elisabetta! ".
    Erano tutti rasati a zero, anche Marisa così fiera dei suoi riccioli,
    anche Paolo, anche Elena e Giangi e Francesca... Tutti! Ma proprio tutti!
    Si alzarono e abbracciarono Elisabetta che non sapeva se piangere o ridere e mormorava soltanto: "Grazie...".
    Dalla cattedra, sorrideva anche il professor Donati, che non si era rasato i capelli, semplicemente perché era pelato di suo e aveva la testa come una palla da biliardo.



    (Fonte non specificata)


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    AMBRA: TRA GLOBALIZZAZIONE E UNIVERSALISMO


    In un paese né grande né piccolo, da qualche parte in Italia, vive una bambina che si chiama Ambra, nome derivato dalla parola anbar che in arabo significa "preziosa".
    Al mattino Ambra si alza presto e fa colazione con i corn-flakes, prodotti a base di cereali e di mais, originario del Messico. Poi si veste indossando una felpa di cotone, pianta originaria dell'India, introdotta in Europa dagli arabi alla metà del IX secolo. L'etichetta della felpa dichiara: "made in Taiwan".
    Ambra va a scuola e risolve problemi utilizzando numeri indiani, portati in Europa dagli arabi. Durante la ricreazione mangia una banana cresciuta ai tropici e fa una partita a scacchi, gioco di antichissima origine, probabilmente indiana. Racconta poi alla sua amica Sara - che porta il nome di origine ebraica, della santa protettrice degli zingari - come ha trascorso la domenica. Utilizza parole quali computer, videogame, film, judo, chimono, rispettivamente prese a prestito dall'inglese e dal giapponese.
    Alla mensa scolastica mangia spaghetti al pomodoro, e forse non sa che la pasta è stata inventata dai cinesi e che il pomodoro, sconosciuto in Europa fino al '500, fu importato dalle Americhe.
    Nel pomeriggio l'insegnante d'inglese parla di Halloween, la festa più amata dai bambini americani e Ambra si ricorda di aver sentito raccontare qualcosa di molto simile dalla sua nonna, originaria della Calabria.
    Tornata a casa si concede un po' di tempo davanti alla TV. Mentre guarda i suoi cartoni animati giapponesi e un documentario sui Masai sgranocchia una barretta di cioccolato, ottenuta dalla lavorazione del cacao, coltivato esclusivamente nelle zone tropicali.
    Per sfuggire la presenza di sua sorella che si sta impasticciando i capelli con l'henné, polvere naturale colorante usata tradizionalmente dalle donne del Medio Oriente e del Maghreb, Ambra si rifugia nell'angolo preferito della sua stanza, su un tappeto pakistano, probabilmente fabbricato da un suo coetaneo.
    Fantastica di praterie, cavalli e "tepee", indiani, masticando una caramella balsamica all'eucalipto, pianta originaria australiana.
    Nel frattempo anche papà è tornato. A tavola Ambra ascolta confusa un suo commento alle notizie del telegiornale: «Tutti questi stranieri minacciano la nostra tradizione e non hanno proprio niente da insegnarci».

    (M. Mezzini, C. Rossi, Gli specchi rubati. Percorsi multiculturali nella scuola elementare)

     
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  4. Larissa82
     
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    La so io la fonte! E' sul libro di lettura che aveva la mia collega l'anno scorso un brano tratto da questo libro. Domani lo cerco e poi lo scrivo, così chi vuole può leggerselo tutto.
     
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  5. kucy
     
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    UNO E SETTE

    (Gianni Rodari)

    Ho conosciuto un bambino che era sette bambini.
    Abitava a Roma, si chiamava Paolo e suo padre era un tranviere.
    Però abitava anche a Parigi, si chiamava Jean e suo padre lavorava in una fabbrica di automobili.
    Però abitava anche a Berlino, e lassù si chiamava Kurt, e suo padre era un professore di violoncello.
    Però abitava anche a Mosca, si chiamava Juri, come Gagarin, e suo padre faceva il muratore e studiava matematica.
    Però abitava anche a Nuova Vork, si chiamava Jimmy e suo padre aveva un distributore di benzina.
    Quanti ne ho detti? Cinque. Ne mancano due:
    uno si chiamava Ciù, viveva a Shanghai e suo padre era un pescatore; l'ultimo si chiamava Pablo, viveva a Buenos Aires e suo padre faceva l'imbianchino.
    Paolo, lean, Kurt, luri, Jimmy, Ciù e Pablo erano sette, ma erano sempre lo stesso bambino che aveva otto anni, sapeva già leggere e scrivere e andava in bicicletta senza appoggiare le mani sul manubrio.
    Paolo era bruno, Jean biondo, e Kurt castano, ma erano lo stesso bambino. Juri aveva la pelle bianca, Ciù la pelle gialla, ma erano lo stesso bambino. Pablo andava al cinema in spagnolo e Jimmy in inglese, ma erano lo stesso bambino, e ridevano nella stessa lingua. Ora sono cresciuti tutti e sette, e non potranno più farsi la guerra, perché tutti e sette sono un solo uomo.


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    FATHER FORGHETS

    (Bruno Ferrero, Il canto del grillo)

    Ascolta, figlio: ti dico questo mentre stai dormendo con la manina sotto la guancia e i capelli biondi appiccicati alla fronte. Mi sono introdotto nella tua camera da solo: pochi minuti fa, quando mi sono seduto a leggere in biblioteca, un'ondata di rimorso mi si è abbattuta addosso, e pieno di senso di colpa mi avvicino al tuo letto.
    E stavo pensando a queste cose: ti ho messo in croce, ti ho rimproverato mentre ti vestivi per andare a scuola perché invece di lavarti ti eri solo passato un asciugamano sulla faccia, perché non ti sei pulito le scarpe. Ti ho rimproverato aspramente quando hai buttato la roba sul pavimento.
    A colazione, anche lì ti ho trovato in difetto: hai fatto cadere cose sulla tovaglia, hai ingurgitato cibo come un affamato, hai messo i gomiti sul tavolo. Hai spalmato troppo burro sul pane e, quando hai cominciato a giocare e io sono uscito per andare a prendere il treno, ti sei girato, hai fatto ciao ciao con la manina e hai gridato: «Ciao, papino!» e io ho aggrottato le sopracciglia e ho risposto: «Su diritto con la schiena!». E tutto è ricominciato da capo nel tardo pomeriggio, perché quando sono arrivato eri in ginocchio sul pavimento a giocare e si vedevano le calze bucate. Ti ho umiliato davanti agli amici, spedendoti a casa davanti a me. Le calze costano, e se le dovessi comperare tu, le tratteresti con più cura. Ti ricordi più tardi come sei entrato timidamente nel salotto dove leggevo, con uno sguardo che parlava dell'offesa subita? Quando ho alzato gli occhi dal giornale impaziente per l'interruzione sei rimasto esitante sulla porta. "Che vuoi?", ti ho aggredito brusco. Tu non mi hai detto niente, sei corso verso di me e mi hai buttato le braccia al collo e mi hai baciato e le tue braccine mi hanno stretto con l'affetto che Dio ti ha messo nel cuore e che, anche se non raccolto, non appassisce mai. Poi te ne sei andato sgambettando giù dalle scale. Be', figlio, è stato subito dopo che mi è scivolato di mano il giornale e mi ha preso un'angoscia terribile. Cosa mi sta succedendo? Mi sto abituando a trovare colpe, a sgridare; è questa la ricompensa per il fatto che sei un bambino, non un adulto? Nient'altro per stanotte, figliolo. Solo che son venuto qui vicino al tuo letto e mi sono inginocchiato, pieno di vergogna.
    E' una misera riparazione, lo so che non capiresti queste cose se te le dicessi quando sei sveglio. Ma domani sarò per te un vero papà. Ti sarò compagno, starò male quando tu starai male e riderò quando tu riderai, mi morderò la lingua quando mi saliranno alle labbra parole impazienti. Continuerò a ripetermi, come una formula di rito: «E' ancora un bambino, un ragazzino!». Ho proprio paura di averti sempre trattato come un uomo. E invece come ti vedo adesso, figlio, tutto appallottolato nel tuo lettino, mi fa capire che sei ancora un bambino. Ieri eri dalla tua mamma, con la testa della spalla. Ti ho sempre chiesto troppo, troppo.


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    Un pezzo di umanità


    A una cena di raccolta fondi per una scuola che serve i disabili mentali, il padre di uno degli studenti fece un discorso che nessuno di coloro che partecipavano avrebbe mai dimenticato.
    Dopo aver lodato la scuola e il personale dedito, fece una domanda: "Quando influenze esterne non interferiscono dall'esterno, la natura di tutti è perfetta. Mio figlio Shay, tuttavia, non può imparare le cose che imparano gli altri. Non può capire le cose come gli altri. Dov'è l'ordine naturale delle cose, in mio figlio?".
    Il pubblico fu zittito dalla domanda.
    Il padre continuò. "Io ritengo che, quando un bambino come Shay, fisicamente e mentalmente handicappato viene al mondo, si presenta un'opportunità di realizzare la vera natura umana, ed essa si presenta nel modo in cui le altre persone trattano quel bambino".
    Poi raccontò la storia che segue: Shay e suo padre stavano camminando vicino a un parco, dove c'erano alcuni ragazzi che Shay conosceva che giocavano a baseball. Shay chiese: "Credi che mi lascerebbero giocare?". Il padre di Shay sapeva che la maggior parte dei ragazzi non volevano un ragazzo come lui nella squadra, ma comprendeva anche che se al figlio fosse stato permesso giocare, la cosa gli avrebbe dato un senso di appartenenza di cui aveva molto bisogno, e un po' di fiducia nell'essere accettato dagli altri, nonostante i suoi handicap.
    Il padre di Shay si avvicinò a uno dei ragazzi sul campo e chiese se Shay poteva giocare, non aspettandosi un granché in riposta. Il ragazzo si guardò attorno, in cerca di consiglio e disse: "Siamo sotto di sei e il gioco è all'ottavo inning. Immagino che possa stare con noi e noi cercheremo di farlo battere all'ultimo inning".
    Shay si avvicinò faticosamente alla panchina della squadra, indossò una maglietta della squadra con un ampio sorriso e suo padre si sentì le lacrime negli occhi e una sensazione di tepore al cuore. Il ragazzo vide la gioia di suo padre per essere stato accettato. In fondo all'ottavo inning, la squadra di Shay ottenne un paio di basi, ma era ancora indietro di tre. Al culmine del nono e ultimo inning, Shay si mise il guantone e giocò nel campo giusto. Anche se dalla sua parte non arrivarono dei lanci, era ovviamente in estasi solo per essere nel gioco e in campo, con un sorriso che gli arrivava da un orecchio all'altro, mentre suo padre lo salutava dalle gradinate.
    Alla fine del nono inning, la squadra di Shay segnò ancora.
    Ora, con due fuori e le basi occupate, avevano l'opportunità di segnare la battuta vincente e Shay era il prossimo, al turno di battuta.
    A questo punto, avrebbero lasciato battere Shay e perso l'opportunità di far vincere la squadra? Sorprendentemente, a Shay fu assegnato il turno di battuta. Tutti sapevano che gli era impossibile colpire la palla, perché Shay non sapeva neppure tenere bene la mazza, per non dire cogliere la palla. Comunque, mentre Shay andava alla battuta, il lanciatore, capendo che l'altra squadra stava mettendo da parte la vincita per far sì che Shay avesse questo momento, nella sua vita, si spostò di alcuni passi per lanciare la palla morbidamente, così che Shay potesse almeno riuscire a toccarla con la mazza. Arrivò il primo lancio e Shay girò la mazza a vuoto. Il lanciatore fece ancora un paio di passi avanti e gettò di nuovo lentamente la palla verso Shay.
    Mentre la palla era in arrivo, Shay girò goffamente la mazza, la colpì e la spedì lentamente sul terreno, dritta verso il lanciatore.
    Il gioco avrebbe dovuto finire, a quel punto, ma il lanciatore raccolse la palla e avrebbe potuto facilmente lanciarla al primo che copriva la base e squalificare il battitore. Shay sarebbe stato fuori e questo avrebbe segnato la fine della partita. Invece, il lanciatore raccolse la palla e la lanciò proprio al di là della testa
    del primo in base, fuori dalla portata dei compagni di squadra. Tutti quelli che si trovavano sugli spalti e i giocatori cominciarono a gridare: "Shay, corri in prima base! Corri in prima!" Shay non aveva mai corso in vita sua così lontano, ma riuscì ad arrivare in prima base. Corse lungo la linea, con gli occhi spalancati e pieno di meraviglia. Tutti gli gridarono: "Corri alla seconda, alla seconda, ora!" Trattenendo il fiato, Shay corse ancor più goffamente verso la seconda, ansimando e sforzandosi di raggiungerla. Quando Shay curvò verso la seconda base, la palla era fra le mani del giocatore giusto, un piccoletto, che ora aveva la possibilità per la prima volta di essere lui l'eroe della propria squadra. Avrebbe potuto lanciarla alla seconda base per squalificare il battitore, ma comprese le intenzioni del lanciatore e anche lui gettò intenzionalmente la palla in alto, ben oltre la portata della terza base. Shay corse verso la terza base in delirio, mentre gli altri si spostavano per andare alla casa base. Tutti gridavano: "Shay, Shay, Shay, vai Shay".
    Shay raggiunse la terza base, quello opposto a lui corse per aiutarlo e voltarlo nella direzione giusta, e gridò: "Shay, corri in terza! Corri in terza!".
    Mentre Shay girava per la terza base, i ragazzi di entrambe le squadre e quelli che guardavano erano tutti in piedi e strillavano: "Shay, corri alla base! Corri alla base, sali sul piatto!" Shay corse, salì sul piatto e fu acclamato come l'eroe che aveva segnato un 'grand slam' e fatto vincere la sua squadra.
    Quel giorno, disse il padre a bassa voce e con le lacrime che ora gli rigavano la faccia, i ragazzi di entrambe le squadre aiutarono a portare in questo mondo un pezzo di vero amore e umanità.
    Shay non superò l'estate e morì in inverno, senza mai scordare di essere stato l'eroe e di aver reso suo padre così felice, e di essere tornato a casa fra il tenero abbraccio di sua madre per il piccolo eroe del giorno!

     
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  6. kucy
     
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    30 CONSIGLI PER GENITORI FRETTOLOSI

    (Bruno Ferrero, Bollettino Salesiano 2006)

    Qualche semplice regola che può migliorare la vita familiare e l'educazione.

    1. I primi anni di vita sono importanti: è in questo periodo che si posano le strutture fondamentali della persona.

    2. I bambini sono persone con carattere, temperamento, bisogni, desideri, cambiamenti di umore proprio come voi. Lasciate che anche i vostri figli qualche volta diano in escandescenze.

    3. I bambini imitano quello che fate voi. Non faranno mai quello che ordinate. Soprattutto non fate prediche. I bambini imparano solo quello che vivono.

    4. I due genitori devono avere la stessa idea di educazione. Questo non significa che devono fare le stesse cose o apparire un muro di cemento armato.

    5. Non entrate in conflitto con i vostri figli. Ogni volta che entrerete in conflitto con i vostri figli voi avrete già perso.

    6. Siate pazienti. Anche con voi stessi. Nessuno ha mai detto che sia facile essere un genitore.

    7. I genitori non sono i soli educatori: c'è anche la società in cui i figli sono immersi.

    8. Dite "no". In questo modo i vostri figli sapranno che li proteggete anche dai loro errori. Insegnate ai vostri figli che non possono avere tutto e subito. È prudente, perciò, usare con cautela il sistema di assecondare: i bambini devono imparare a manovrare le frustrazioni, perché la vita dell'adulto ne è piena. È pura assurdità partire dal principio che il bambino sarà in grado di affrontarle quando sarà più grande; che cosa, infatti, c'è di magico nella crescita per fornire una capacità che si dovrebbe rivelare fin dai primi anni di vita?

    9. Riservate del tempo per ridere insieme e divertitevi insieme. Vivete i vostri valori nella gioia. Se fate la morale tutto il giorno ai vostri figli verrà voglia di scappare.

    10. Scambiatevi dei regali.

    11. Imparate a relativizzare i problemi, ma risolveteli.

    12. Accogliete in casa gli amici dei vostri figli.

    13. L'incoraggiamento è l'aspetto più importante nella pratica di educazione del bambino. E' tanto importante, che la mancanza di esso si può considerare quale causa fondamentale di certe anomalie del comportamento. Un bambino che si comporta male è un bambino scoraggiato.

    14. Consentite ai vostri figli di non avere il vostro parere. E soprattutto ascoltateli veramente. Fa parte del nostro pregiudizio comune sui bambini pretendere di capire quello che vogliono dire senza in realtà ascoltarli. I figli hanno una diversa prospettiva e spesso soluzioni intelligenti da proporre. Il nostro orgoglio ci impedisce di ascoltarli.
    Quante volte potremmo approfittare della loro sensibilità se li trattassimo alla pari e li ascoltassimo davvero.

    15. Sottolineate i lati positivi dei vostri figli. I bambini non ne sono sempre coscienti. I complimenti piacciono a tutti, anche ai vostri figli.

    16. Consentite loro di prendere parte alle decisioni della famiglia. Spiegate bene i motivi delle vostre scelte. Rispondete ai loro «perché».

    17. Mantenete la parola. Siate coerenti. Attenetevi alle decisioni prese. Non promettete o minacciate a vanvera.

    18. Riconoscete i vostri errori e scusatevi. Abbiate il coraggio di essere imperfetti e consentite ai vostri figli di esserlo.

    19. Giocate con i vostri figli.

    20. Quando dovete fare un "discorso serio" con i vostri figli, aspettate che siano in posizione orizzontale. Non fatelo mai quando sono in posizione verticale.

    21. Ricordate che ogni bambino è unico. Non esiste l'educazione al plurale.

    22. Alcuni verbi non hanno l'imperativo. Non potete dire: «Studia!», «Metti in ordine!», «Prega!» e sperare che funzioni.

    23. Spiegate ai vostri figli che cosa provate. Raccontate come eravate voi alla loro età.

    24. Aiutateli a essere forti e a riprendersi quando le cose vanno male.

    25. Raccogliete la sfida della TV. La televisione non è tanto pericolosa per quello che fa quanto per quello che non fa fare.

    26. Non siate iper/protettivi. Cercate le occasioni giuste per tirarvi indietro e consentire ai vostri figli di mettere alla prova la loro forza e le loro capacità.

    27. Un bambino umiliato non impara nulla. Eliminate la critica e minimizzate gli errori. Sottolineando costantemente gli errori, noi scoraggiamo i nostri figli, mentre dobbiamo ricordarci che non possiamo costruire sulla debolezza, ma soltanto sulla forza.

    28. Non giudicate gli altri genitori dai loro figli e non mettetevi in competizione per i figli con parenti e amici.

    29. Date loro il gusto della lettura.

    30. Raccontate loro la storia di Gesù. Tocca a voi.



    NON SONO IN VENDITA

    (Bruno Ferrero, A volte basta un raggio di sole)

    Una giovane coppia entrò nel più bel negozio di giocattoli della città. L'uomo e la donna guardarono a lungo i colorati giocattoli allineati sugli scaffali, appesi al soffitto, in lieto disordine sui banconi. C'erano bambole che piangevano e ridevano, giochi elettronici, cucine in miniatura che cuocevano torte e pizze. Non riuscivano a prendere una decisione. Si avvicinò a loro una graziosa commessa. "Vede", spiegò la donna, "noi abbiamo una bambina molto piccola, ma siamo fuori casa tutto il giorno e spesso anche di sera". "E' una bambina che sorride poco", continuò l'uomo. "Vorremmo comprarle qualcosa che la renda felice", riprese la donna, "anche quando noi non ci siamo... Qualcosa che le dia gioia anche quando è sola". "Mi dispiace", sorrise gentilmente la commessa. "Ma noi non vendiamo genitori".




    PER UNA CATTIVA RIUSCITA DEL PROPRIO FIGLIO

    (L'utopia che ha il potere di salvarti, Convento della Porziuncola)

    1. Fin dalla nascita date al bambino tutto quello che vuole: così crescerà convinto che il mondo ha l'obbligo di mantenerlo.
    2. Se impara una parolaccia ridetene. Crederà di essere divertente.
    3. Non accompagnatelo in Chiesa la domenica; non dategli un'educazione religiosa. Aspettate che abbia 18 anni e decida da sé.
    4. Mettete in ordine tutto quello che lui lascia fuori posto. Fate voi quello che dovrebbe fare lui, in modo che si abitui a scaricare sugli altri tutte le proprie responsabilità.
    5. Litigate sovente in sua presenza. Così non si stupirà se ad un certo punto vedrà disgregarsi la famiglia.
    6. Dategli tutto il denaro che chiede e se lo spenda pure come vuole. Non lasciate mai che se lo guadagni! Perché mai dovrebbe faticare per guadagnare, come avete fatto voi da giovani? I tempi sono cambiati.
    7. Soddisfate ogni suo desiderio per il mangiare, il bere, le comodità. Negargli qualcosa potrebbe scatenare in lui pericolosi complessi.
    8. Prendete le sue parti verso i vicini di casa e gli insegnanti. Sono tutti prevenuti verso vostro figlio. Gli fanno continue ingiustizie. Lui è così intelligente e buono e loro non lo capiscono.
    9. Quando si mette in un guaio serio, scusatevi con voi stessi dicendo: "Non sono mai riuscito a farlo rigare dritto".
    10. Dopo di ciò, preparatevi ad una vita di amarezze: l'avete voluta e non vi mancherà.


     
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  7. kucy
     
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    COME IL CAFFÈ

    Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita e di come le cose le risultavano tanto difficili.
    Non sapeva come fare per proseguire e credeva di darsi per vinta. Era stanca di lottare.
    Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro.
    Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro.
    Lì riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco.
    Quando l'acqua delle tre pentole stava bollendo, in una collocò carote, in un'altra collocò uova e nell'ultima collocò grani di caffé.
    Lasciò bollire l'acqua senza dire parola.
    La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre.
    Dopo venti minuti il padre spense il fuoco.
    Tirò fuori le carote e le collocò in una scodella.
    Tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto.
    Finalmente, colò il caffè e lo mise in un terzo recipiente.
    Guardando sua figlia le disse:
    "Cara figlia mia, carote, uova o caffè?" fu la sua domanda.
    La fece avvicinare e le chiese che toccasse le carote, ella lo fece e notò che erano soffici, dopo le chiese di prendere un uovo e di romperlo, mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò l'uovo sodo.
    Dopo le chiese che provasse il caffè, ella sorrise mentre godeva del suo ricco aroma.
    Umilmente la figlia domandò: "Cosa significa questo, padre?"
    Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, "l'acqua bollente", ma avevano reagito in maniera differente.
    La carota arrivò all'acqua forte, dura, superba; ma dopo avere passato per l'acqua, bollendo era diventata debole, facile da disfare.
    L'uovo era arrivato all'acqua fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma dopo essere stato in acqua, bollendo, il suo interno si era indurito.
    Invece, i grani di caffè, erano unici: dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l'acqua.
    "Quale sei tu figlia?" le disse.
    "Quando l'avversità suona alla tua porta; come rispondi?"
    "Sei una carota che sembra forte ma quando l'avversità ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza?"
    "Sei un uovo che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, una pietra durante il tragitto diventa duro e rigido?
    Esternamente ti vedi uguale, ma sei amareggiata ed aspra, con uno spirito ed un cuore indurito?
    "O sei come un grano di caffè? Il caffè cambia l'acqua, l'elemento che gli causa dolore.
    Quando l'acqua arriva al punto di ebollizione il caffè raggiunge il suo migliore sapore."
    "Se sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, e fai si che le cose che ti succedono migliorino, che esista sempre una luce che illumina la tua strada davanti all'avversità e quella della gente che ti circonda."
    Per questo motivo non mancare mai di diffondere con la tua forza e positività il "dolce aroma del caffè".

    Dalle storie di Ferrero.



    ESSERE FELICE

    Puoi avere difetti, vivere con ansia e qualche volta essere irritato,
    ma non dimenticarti che la tua vita è la più grande impresa del mondo.
    Solo tu puoi evitare che vada in fallimento.
    Ci sono molte persone che hanno bisogno di te, ti ammirano, e si tormentano per te.

    Sarebbe bello che tu ricordassi sempre che essere felice non è
    avere un cielo senza tempeste,
    strade senza incidenti,
    lavori senza fatiche,
    relazioni senza delusioni.
    Essere felice
    è trovare la forza nel perdono,
    la speranze nelle battaglie,
    la sicurezza nella paura,
    l’amore nei distacchi.

    Essere felice...
    Non è solo valorizzare il sorriso, ma riflettere sopra la tristezza.
    Non è solo commemorare il successo, ma imparare la lezione dai fallimenti.
    Non è solo allietarsi degli applausi, ma trovare allegria nell’anonimato.

    Essere felice è riconoscere che vale la pena di vivere la vita, malgrado tutte le sfide.
    Essere felice non è opera del destino,
    ma una conquista di chi sa viaggiare dentro il suo proprio essere.
    Essere felice è abbandonare i problemi e diventare autore della Propria storia.

    Essere felice...
    è attraversare deserti,
    ma essere capaci di incontrare un’oasi nel profondo della tua anima
    e ringraziare Dio ogni giorno per il miracolo della vita.

    È non avere paura dei propri sentimenti.
    È saper parlare di te stesso.
    È avere coraggio di accettare un "no".
    È avere la forza di accettare una critica, anche se ingiusta.
    È baciare il marito/la moglie, i figli, sostenere i genitori
    e vivere momenti poetici con gli amici,
    anche se ci hanno ferito...


    Essere felice ...
    È lasciar vivere libero il bimbo allegro e semplice che dimora dentro di noi.
    È avere la maturità per dire “ho sbagliato".
    È avere il coraggio di dire “perdonami”!
    È avere la sensibilità di dire “ho bisogno di te” .
    È avere la capacità di dire “ti amo".

    Desidero che la vita sia un cantiere di opportunità affinché tu sia felice...
    Che nelle tue primavere tu sia amante dell’allegria.
    Che nei tuoi inverni tu sia amico della saggezza.
    E, quando sbaglierai strada, ricominci tutto di nuovo,
    così sarai ogni volta più innamorato della vita.
    E scoprirai che...

    Essere felice...
    Non è avere una vita perfetta, ma
    usare le lacrime per irrigare la tolleranza,
    usare le perdite per rafforzare la pazienza,
    usare le foglie per scolpire la serenità.
    Usare il dolore per raffinare il piacere,
    Usare gli ostacoli per aprire le finestre dell’intelligenza.

    Non abbandonare mai te stesso!!!
    Non rinunciare mai alle persone che ami.
    Non rinunciare mai alla felicità, perché la vita è uno spettacolo imperdibile.
    E tu una persona speciale !!!!!

     
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  8. cri64
     
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    Kucy, ottimi spunti per riflettere, ma ...io mi perdo :huh:
    Devo fare un copia ed incolla su Word, stamparlo e rileggerlo con calma ^_^
    Che dire, sarò un mio limite, sono cresciuta sui fogli di carta stampata e leggere così tanto su uno schermo mi deconcentra!
    Fare più invii, con ognuno un brano? Non è una critica, per carità, ripeto, sarà un mio limite....
    Comunque, grazie :225.gif: :225.gif:
     
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  9. kucy
     
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    ciao Cri64 ho provato a fare più invii per separare ogni messaggio ma me li unisce! non so come mai
     
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  10. kucy
     
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    :B): IL PROFESSORE

    Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un grosso vasetto di marmellata vuoto e cominciò a riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm. di diametro.
    Una volta fatto chiese agli studenti se il contenitore fosse pieno ed essi risposero di sì. Allora il Professore tirò fuori una scatola piena di piselli, li versò dentro il vasetto e lo scosse delicatamente. Ovviamente i piselli si infilarono nei vuoti lasciati tra i vari sassi.
    Ancora una volta il Professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno ed essi,
    ancora una volta, dissero di sì.
    Allora il Professore tirò fuori una scatola piena di sabbia e la versò dentro il vasetto.
    Ovviamente la sabbia riempì ogni altro spazio vuoto lasciato e coprì tutto.
    Ancora una volta il Professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno e questa
    volta essi risposero di sì, senza dubbio alcuno.
    Allora il Professore tirò fuori, da sotto la scrivania, 2 lattine di birra e le versò completamente
    dentro il vasetto, inzuppando la sabbia.
    Gli studenti risero .
    "Ora," disse il Professore non appena svanirono le risate, "voglio che voi capiate che questo
    vasetto rappresenta la vostra vita.

    I sassi sono le cose importanti –
    la vostra famiglia,
    i vostri amici,
    la vostra salute,
    i vostri figli,
    le cose per le quali se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora piena.

    I piselli sono le altre cose per voi importanti:
    come il vostro lavoro,
    la vostra casa,
    la vostra auto.

    La sabbia è tutto il resto......le piccole cose."

    "Se mettete dentro il vasetto per prima la sabbia," continuò il Professore "non ci sarebbe
    spazio per i piselli e per i sassi.
    Lo stesso vale per la vostra vita . Se dedicate tutto il vostro tempo e le vostre energie alle
    piccole cose, non avrete spazio per le cose che per voi sono importanti.
    Dedicatevi alle cose che vi rendono felici:
    giocate con i vostri figli,
    portate il vostro partner al cinema,
    uscite con gli amici.
    Ci sarà sempre tempo per lavorare, pulire la casa, lavare l'auto.
    Prendetevi cura dei sassi per prima - le cose che veramente contano.
    Fissate le vostre priorità...il resto è solo sabbia."

    Una studentessa allora alzò la mano e chiese al Professore cosa rappresentasse la birra.
    Il Professore sorrise. "Sono contento che me l'abbia chiesto. Era giusto per dimostrarvi che non importa quanto piena possa essere la vostra vita, perché c'è sempre spazio per un paio di birre."





    :rolleyes: UN NUOVO FIORE

    In un tempo lontano, in una bella distesa di grano, nacque un nuovo fiore. Era diverso da tutti gli altri, e le spighe, con il loro dolce ondeggiare cullate dal vento lo guardavano con diffidenza "un estraneo tra noi" dicevano "che sciagura, rovinerà lo splendido panorama che solo noi riusciamo a creare!", a volte lo prendevano in giro, la spiga Gina diceva: "Ma guardati sei proprio strano, sei troppo giallo, sarai malato?". E il fiore dal lungo stelo, si sentiva sempre più solo, sempre più triste, e mentre cresceva la sua testa si chinava in basso, per la vergogna di essere diverso.
    Le spighe, vedendo che il nuovo arrivato non si difendeva neanche, presero ancora a elogiare le loro qualità una volta raccolte, facendo sentire il nostro fiore ancora più inutile. Dicevano in coro: "con il nostri frutti si fa la farina, con la farina si fanno i biscotti le torte e pure la pastasciutta di cui ogni creatura ne va ghiotta!” e la spighe gemelline gli dicevano: “e tu, dicci un po’, a cosa servi? Secondo noi proprio a niente!”
    E lo strano fiore si chinava sempre più a guardar la terra! Ma un giorno passò di lì una donna con il suo bambino, e le spighe eccitate dai complimenti che sapevano avrebbero ricevuto, si sussurrarono l’un l’altra a bassa voce: “coprite il buffo fiore, di modo che non lo possano vedere!”. Ma il bambino curioso notò lo strano fiore tra le spighe di grano, fece avvicinare la sua mamma, e le chiese: “Mamma cos’è questa pianta, a che serve, perché è così china?”. La donna riuscì a vedere attraverso la sua solitudine e si commosse, versò una lacrima che finì proprio al centro del cuore del giovane fiore, che sentì per la prima volta un’emozione d’amore. “E’ un girasole, il più bel fiore”, disse la mamma, “è nato per caso tra le spighe di grano e non sentendosi accettato ha chinato il capo, forse non sa che i suoi tanti fratelli sono talmente belli e talmente fieri da avere il capo eretto per guardare in faccia il sole.
    E poi, piccolo mio, immagina che questa distesa di grano sia un bel piatto di pastasciutta condita da un filo d’olio, il frutto del suo girasole”
    Da allora il girasole alzò il capo per guardare il sole da mattina fino a sera, ma senza rancore per le sorelle spighe, che chiesero perdono per il male causato ma soprattutto capirono che un fiore non è peggiore solo perché diverso, che ogni creatura porta dentro di sé la propria bellezza e lo scopo della propria esistenza, e che invece di canzonarlo per tanto tempo avrebbero semplicemente potuto aiutarlo.

     
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  11. rosy 66
     
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    Kucy prima ti volevo dire che capita anche a me che i messaggi si uniscono e poi vorei capire da dove tiri fuori tutte queste cose :sono bellissime !Per caso sei laureata in filosofia o psicologia ?
    Se è così , complimenti !!!!!!!!
    Mi è piaciuto tanto quel lavoro del professore :sono convinta che se facessi lo stesso in classe con i miei alunni sarebbe per loro una lezione di vita e non la dimenticherebbero più.
    Chi era questo professore ? Lo conosci ?
    image
     
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  12. Colomba1
     
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    davvero interessante.
    ho stampato "il professore" lunedì lo appendo sul registro delle firme
     
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  13. kucy
     
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    no Rosy non sono laureata nè in psicologia nè in filosofia però sono due 'materie' che mi piacciono molto. Alcuni di questi racconti li ho trovati su libri, la maggior parte navigando ed erano così belli che li ho stampati ed ho costruito un mio libro di riflessioni da leggere soprattutto nei momenti di sconforto o da utilizzare per aiutare i miei amici quando qualcosa non andava bene. A me hanno insegnato a capire quanto sia importante vivere adesso, l'istante e a dare importanza alle cose che diamo per scontate come dice quanto segue:

    ISTANTI

    Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
    Nella prossima cercherei di commettere più errori.
    Non cercherei di essere cosi perfetto, mi rilasserei di più.
    Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
    di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
    Sarei meno igienico.
    Correrei più rischi,
    farei più viaggi,
    contemplerei più tramonti,
    salirei più montagne,
    nuoterei in più fiumi.
    Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
    mangerei più gelati e meno fave,
    avrei più problemi reali e meno immaginari.
    Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
    della loro vita sensato e con profitto;
    certo che mi son preso qualche momento di allegria.
    Ma se potessi tornare indietro, cercherei
    di avere soltanto momenti buoni.
    Che, se non lo sapete, di questo e fatta la vita,
    di momenti: non perdere l'adesso.
    Io ero uno di quelli che mai
    andavano da nessuna parte senza un termometro,
    una borsa dell'acqua calda,
    un ombrello e un paracadute;
    se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
    Se potessi tornare a vivere
    comincerei ad andare scalzo all'inizio
    della primavera e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.
    Farei più giri in calesse,
    guarderei più alberi,
    giocherei con più bambini,
    se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
    Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.

    Jorge Luis Borges


    :225.gif:
    Innamorarsi.
    Ridere così forte che ti fanno male le mascelle.
    Una doccia calda.
    Nessuno in coda davanti a te alle casse del supermercato.
    Uno sguardo speciale.
    Ricevere posta.
    Fare un giro in macchina in una stradina bellissima.
    Accendere la radio proprio quando stanno trasmettendo la tua canzone preferita.
    Restare sdraiato a letto ad ascoltare la pioggia.
    Il profumo degli asciugamani caldi stesi al sole.
    Trovare la maglia che cercavi in saldo a metà prezzo.
    Un vasetto di Nutella.
    Una telefonata a qualcuno lontano.
    Un lungo bagno di schiuma.
    Una bella chiacchierata.
    La spiaggia.
    Trovare un biglietto da 50 nella giacca dello scorso inverno.
    Ridere di te stesso.
    Le telefonate di mezzanotte che durano ore.
    Correre sotto gli acquazzoni estivi.
    Ridere senza ragione.
    Avere qualcuno che ti dice che sei bellissima.
    Gli amici.
    Ascoltare accidentalmente qualcuno dire qualcosa di carino su di te.
    Svegliarti nel cuore della notte e realizzare che hai ancora qualche ora per dormire.
    Conoscere nuovi amici o trascorrere un po' di tempo con quelli vecchi.
    Avere qualcuno che gioca coi tuoi capelli.
    Fare un bel sogno.
    Una cioccolata calda.
    I viaggi in macchina con gli amici.
    Salire su un'altalena.
    Incartare i regali sotto l'albero di Natale mangiando biscotti e bevendo un bicchiere di latte.
    Incrociare lo sguardo di uno sconosciuto carino.
    Vincere una sfida veramente competitiva.
    Trascorrere il tempo libero con i tuoi migliori amici.
    Vedere i sorrisi e sentire le risate dei tuoi amici.
    Tenerti per mano con qualcuno a cui vuoi bene.
    Fare un regalo ad un amico e poi osservare l'espressione sul suo viso mentre apre
    il pacchetto e scopre che contiene il regalo che così tanto desiderava.
    Guardare l'alba.
    Alzarti dal letto al mattino e ringraziare dio per questo.


    RICORDATI QUANTO PUO' ESSERE BELLA LA VITA!



    :163.gif: BALLATE COME SE NESSUNO VI GUARDASSE Daisaku Ikeda

    Siamo convinti che la nostra vita sarà migliore quando saremo sposati, quando avremo un primo figlio o un secondo.
    Poi ci sentiamo frustrati perché i nostri figli sono troppo piccoli per questo o quello, e pensiamo che le cose andranno meglio quando saranno cresciuti.
    In seguito siamo esasperati per il loro comportamento da adolescenti.
    Siamo convinti che saremo più felici quando avranno superato questa età.
    Pensiamo di sentirci meglio quando il nostro partner avrà risolto i suoi problemi, quando cambieremo l'auto, quando faremo delle vacanze meravigliose, quando non saremo più costretti a lavorare.
    Ma se non conduciamo una vita piena e felice ora, quando lo faremo?
    Dovrete sempre affrontare delle difficoltà di qualsiasi genere.
    Tanto vale accettare questa realtà e decidere di essere felici, qualunque cosa accada.

    Una delle mie citazioni preferite ha per autore Alfred Souza: "Per tanto tempo ho avuto la sensazione che la vita sarebbe presto cominciata, la vera vita! Ma c'erano sempre ostacoli da superare strada facendo, qualcosa di irrisolto, un affare che richiedeva ancora del tempo, dei debiti che non erano stati ancora regolati, in seguito la vita sarebbe cominciata. Finalmente ho capito che questi ostacoli erano la mia vita."

    Questo modo di percepire le cose mi ha aiutato a capire che non c'è un mezzo per essere felici, ma che la felicità è il mezzo.
    Di conseguenza, gustate ogni istante della vostra vita, e gustatelo ancora di più perché lo potete dividere con una persona cara, una persona molto cara per passare insieme dei momenti preziosi della vita, e ricordatevi che il tempo non aspetta nessuno.
    E allora smettete di pensare di finire la scuola, di tornare a scuola, di perdere 5 kg, di prendere 5 kg, di avere dei figli, di vederli andare via di casa.
    Smettete di aspettare di cominciare a lavorare, di andare in pensione, di sposarvi, di divorziare. Smettete di aspettare il venerdì sera, la domenica mattina, di avere una nuova macchina o una casa nuova.
    Smettete di aspettare la primavera, l'estate, l'autunno o l'inverno.
    Smettete di aspettare di lasciare questa vita, di rinascere nuovamente, e decidete che non c'è momento migliore x essere felici che il momento presente.

    La felicità e le gioie della vita non sono delle mete, ma un viaggio.
    Lavorate come se non aveste bisogno di soldi.
    Amate come se non doveste mai soffrire.
    Ballate come se nessuno vi guardasse.



    :214.gif:

    SE TORNASSI A VIVERE di Enna Rombeck


    Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei vissuto la vita in maniera diversa.
    Li per li ho risposto di no, poi ci ho pensato un po' su e...
    Potendo rivivere la mia vita, avrei parlato meno e ascoltato di più.
    Non avrei rinunciato a invitare a cena gli amici soltanto perché il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano era stinta.
    Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal caminetto acceso.
    Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno quando rievocava gli anni della sua giovinezza.
    Non avrei mai preteso, in un giorno d'estate, che i finestrini della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la messa in piega.
    Non avrei lasciato che la candela a forma di rosa si sciogliesse, dimenticata, nello sgabuzzino. L'avrei consumata io, a forza di accenderla.
    Mi sarei stesa sul prato con i bambini senza badare alle macchie d'erba sui vestiti.
    Avrei pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osservando la vita.
    Avrei condiviso maggiormente le responsabilità di mio marito.
    Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare febbricitante al lavoro quasi che, mancando io dall'ufficio, il mondo si sarebbe fermato.
    Invece di non veder l'ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla realizzazione di un miracolo.
    A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto: "Su, su, basta. Va' a lavarti che la cena è pronta".
    Avrei detto più spesso: "Ti voglio bene" e meno spesso: "Mi dispiace"... ma soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadronirei di ogni minuto... lo guarderei fino a vederlo veramente.., lo vivrei... e non lo restituirei mai più.
     
    .
  14. annalauraCH
     
    .

    User deleted


    Cara kucy,
    Ti ringrazio per l'occasione che mi dai, di fermarmi un attimo a riflettere!
     
    .
  15. kucy
     
    .

    User deleted


    :B): ACCETTA IL CONSIGLIO tratto dal film "The Big Kahuna"


    Goditi potere e bellezza della tua gioventù.
    Non ci pensare.
    Il potere di bellezza e gioventù
    lo capirai solo una volta appassite.
    Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto.
    E in un modo che non puoi immaginare adesso.
    Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi!
    Non eri per niente grasso come ti sembrava.
    Non preoccuparti del futuro.
    Oppure preoccupati , ma sapendo che questo ti aiuta
    quanto masticare un chewing-gum per risolvere
    un'equazione algebrica.
    I veri problemi della vita saranno sicuramente cose
    che non t'erano mai passate per la mente.
    Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro
    di un pigro martedì pomeriggio.
    Fa' una cosa, ogni giorno che sei spaventato.
    Canta.
    Non esser crudele col cuore degli altri.
    Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
    Lavati i denti.
    Non perder tempo con l'invidia.
    A volte sei in testa. A volte resti indietro.
    La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.
    Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
    Se ci riesci veramente dimmi come si fa.
    Conserva tutte le vecchie lettere d'amore,
    butta i vecchi estratti conto.
    Rilassati.
    Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
    Le persone più interessanti che conosco,
    a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
    I quarantenni più interessanti che conosco
    ancora non lo sanno.
    Prendi molto calcio.
    Sii gentile con le tue ginocchia,
    quando saranno partite ti mancheranno.
    Forse ti sposerai o forse no.
    Forse avrai figli o forse no.
    Forse divorzierai a quarant'anni.
    Forse ballerai con lei
    al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
    Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso,
    ma non rimproverarti neanche.
    Le tue scelte sono scommesse.
    Come quelle di chiunque altro.
    Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi.
    Senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
    E' il più grande strumento che potrai mai avere.
    Balla.
    Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.
    Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
    Non leggere le riviste di bellezza.
    Ti faranno solo sentire orrendo.
    Cerca di conoscere i tuoi genitori.
    Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
    Tratta bene i tuoi fratelli.
    Sono il migliore legame con il passato
    e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
    Renditi conto che gli amici vanno e vengono.
    Ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
    Datti da fare per colmare le distanze geografiche
    e di stili di vita,
    perche più diventi vecchio,
    più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
    Vivi a New York per un po',
    ma lasciala prima che ti indurisca.
    Vivi anche in California per un po',
    ma lasciala prima che ti rammollisca.
    Non fare pasticci coi capelli,
    se no quando avrai quarant'anni
    sembreranno di un ottantacinquenne.
    Sii cauto nell'accettare consigli,
    ma sii paziente con chi li dispensa.
    I consigli sono una forma di nostalgia.
    Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio,
    ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte
    e riciclarlo per più di quel che valga.
    Ma accetta il consiglio... per questa volta.




    :5.gif: LENTAMENTE MUORE Pablo Neruda

    Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

    Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

    Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e' infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

    Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

    Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

    Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

    Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicita'


    :rolleyes: UN SORRISO P. Faber

    Un sorriso non costa molto
    Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona.
    Non dura che un istante ma nel ricordo può essere eterno.
    Nessuno è così ricco da poterne fare a meno e nessuno così povero da non poterlo dare.
    Crea felicità in casa; negli affari è sostegno; dell'amicizia profonda sensibile segno.
    Un sorriso dà riposo alla stanchezza.
    Nella tristezza è consolazione.
    E' l'antidoto naturale di tute le nostre pene.
    E' un bene che non si può comprare, nè prestare, nè rubare, poichè a valore solo nell'istante in cui si dona.
    E se poi incontrerete chi non vi dà l'atteso sorriso, siate generosi e dategli il vostro.
    Perchè nessuno ha tanto bisogno di sorriso come colui che ad altri non sa darlo



    :) FILOSOFIA DI VITA

    Era sempre di buon umore ed aveva sempre qualcosa di positivo da dire.
    Quando qualcuno gli domandava come stava, rispondeva: "Se stessi meglio, scoppierei!".
    Era un manager unico, con un gruppo di camerieri che lo seguivano ogni volta che prendeva la gestione di un nuovo ristorante.
    Il motivo per cui i camerieri lo seguivano era che Jerry aveva un grande atteggiamento positivo.
    Era un motivatore naturale, se un dipendente aveva la luna storta, Jerry era li' a piegargli come guardare al lato positivo della situazione.
    Trovavo il suo stile molto strano e quindi un giorno gli dissi "Adesso basta! Spiegami come fai ad essere sempre cosi' positivo, qualunque cosa succeda!!"
    Lui mi rispose "Vedi, io sono cosi', quando mi sveglio la mattina mi dico: " oggi hai una scelta da fare: puoi decidere di essere di buon umore o di cattivo umore, e scelgo di essere di buon umore ."
    Tutti i giorni mi capita qualcosa di spiacevole, posso fare la vittima oppure imparare qualcosa dai problemi, io scelgo di imparare.

    Ogni giorno qualcuno viene da me a lamentarsi, io posso scegliere di subire passivamente le sue lamentele o di trovare il lato positivo della cosa, ...beh, io scelgo sempre il lato positivo della vita.

    Si, va beh, dissi io, "Ma non e' sempre cosi facile!"

    "Si invece," disse Jerry, "...la vita è tutta fatta di scelte. A parte le necessita' piu' o meno fisiologiche in ogni situazione c'e' una scelta da fare. Sei tu a scegliere come reagire in tutte le situazioni, a decidere come la gente puo' influire sul tuo umore. Sei tu che scegli se essere di buon umore o di cattivo umore e quindi, in definitiva, come vivere la tua vita.".

    Per molto tempo dopo quell'incontro, ripensai a quello che Jerry aveva detto, poi un giorno lasciai il business della ristorazione e mi dedicai ad un'altra attivita' in proprio; mi persi di vista con Jerry ma spesso ripensai a lui quando mi trovavo nella situazione di scegliere nella vita, invece che subirla.

    Diversi anni dopo, venni a sapere che Jerry aveva commesso un errore imperdonabile per un gestore di ristorante: aveva lasciato la porta posteriore del ristorante aperta una mattina, ed era stato attaccato da tre rapinatori armati; mentre cercava di aprire la cassaforte, le sue mani sudate e tremanti dalla paura non riuscivano a trovare la combinazione ed i rapinatori, presi dal panico, gli avevano sparato ferendolo gravemente.

    Fortunatamente Jerry era stato soccorso rapidamente e portato immediatamente al pronto soccorso.
    Dopo 18 ore di intervento chirurgico ed alcune settimane di osservazione, Jerry era stato dimesso dall'ospedale con frammenti di pallottole ancora nel suo corpo.
    Incontrai Jerry circa sei mesi dopo l'incidente, quando gli chiesi come andava mi disse "Se stessi meglio, scoppierei! - Vuoi dare un'occhiata alle cicatrici?"
    Declinai l'invito, ma gli chiesi che cosa gli era passato per la testa durante la terribile esperienza.
    "La prima cosa che pensai fu che avrei dovuto chiudere la porta posteriore del ristorante" mi disse Jerry, "...poi, quando ero gia' stato olpito e mi trovavo per terra, mi ricordai che avevo due scelte: potevo scegliere di vivere o di morire."
    "Ma non avevi paura? Non sei svenuto?".
    Jerry continuo': " Gli infermieri furono bravissimi. Continuavano a dirmi che andava tutto bene. Ma fu quando mi portarono sulla barella in sala operatoria e vidi le espressioni sulle facce dei dottori e degli assistenti, che mi spaventai veramente, potevo leggere nei loro occhi "quest'uomo e' gia' morto!" " ...dovevo assolutamente fare qualcosa"
    "E cosa hai fatto?" gli domandai.
    "C'era questa infermiera veramente grassa che continuava a farmi domande, e mi chiese se ero allergico a qualche cosa."
    "Si!", io risposi, a quel punto.
    Tutti dottori e le assistenti si fermarono ad aspettare che finissi la mia risposta...
    Io presi un respiro profondo e con tutte le mie forze gli gridai: "Sono allergico alle pallottole!"
    Mentre ancora ridevano aggiunsi "Sto' scegliendo di vivere: Operatemi come se fossi un vivo, non come fossi gia' morto".

    Jerry e' sopravvissuto grazie alle capacita' dei chirurghi, anche grazie al suo atteggiamento positivo.

    Ho imparato da lui che tutti i giorni abbiamo la scelta di vivere pienamente.
    Un atteggiamento positivo, alla fine, vale piu' di tutto il resto.
    Voi avete due scelte adesso:
    1. cancellare questo messaggio.
    2. spedirlo alle persone a cui tenete di piu'.

    Spero che scegliate la seconda!! ... io l'ho appena fatto....con tutti voi....


     
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52 replies since 26/3/2008, 12:19   4264 views
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